Denunce, esposti, processi, interrogazioni parlamentari. E ora anche l’intervento di Bruxelles che, poiché non riusciamo ancora una volta a venirne fuori da soli, vuole vederci chiaro e in caso aprire l’ennesima procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. Parliamo del presunto (almeno per Acquedotto Pugliese e Arpab lucana) inquinamento da idrocarburi e metalli pesanti delle acque del Pertusillo. Tutto inizia nel 2011, quando, a seguito delle denunce di alcuni cittadini di quei territori, relative agli aumenti di patologie tumorali e non solo, la professoressa pugliese Albina Colella, ordinaria di geologia dell’Università di Basilicata, accerta la presenza di idrocarburi nelle acque e nei sedimenti dell’invaso artificiale che fornisce per il 60% acqua alla Puglia (causa attività estrattive di petrolio nel più grande giacimento d’Europa). Le analisi dei sedimenti, come si legge nell’esposto, evidenziano “gravi problematiche ambientali dovute a periodiche fioriture di alghe rosse, a morìa di pesci, a forte inquinamento microbiologico, ad elevate concentrazioni di alcuni metalli e soprattutto di idrocarburi. Questa situazione non permette di garantire in modo sicuro e costante la pulizia e la salubrità delle acque erogate alle popolazioni, come disposto dal decreto legislativo n. 31 del 2 febbraio 2001: all’art. 4 afferma che le acque destinate al consumo umano devono essere salubri e pulite”.
Ora, l’Aqp non ritiene assolutamente un problema l’inquinamento accertato (e incontestabile) dell’invaso perché sarebbe azzerato dagli impianti di potabilizzazione continuamente monitorati. Bene. “Tuttavia – ci spiega il professor Stefano Netti, chimico pugliese – la potabilizzazione con i metodi attualmente utilizzati comporta seri rischi alla salute: se essa azzera quasi totalmente l’inquinamento microbiologico, non riesce tuttavia ad eliminare i metalli e gli idrocarburi e, per giunta, il cloro usato per potabilizzare a lungo andare risulta dannoso: aumenta la possibilità di ammalarsi di cancro”. Dagli esami allegati all’esposto del 2012 si evidenzia la presenza di zolfo, nichel, cromo, cobalto, rame, piombo, alluminio, ferro e una quantità di bario che supera di molto il limite consentito. A questi risponde l’Aqp con i propri dati: è tutto nei limiti e sotto controllo. E invita i pugliesi a “bere acqua dal rubinetto” e dalle tante fontanine “cap d firr” messe a nuovo in giro per la regione. Ma se ora anche Bruxelles vuole vederci chiaro, qualche dubbio ci viene.
di Saverio Ricci
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