Oggi Matteo Renzi non sarà col Papa al sacrario di Redipuglia, in Friuli, per il centenario dello scoppio della Grande Guerra: ha disdetto, sarà in Puglia per un giro istituzionale. Francesco non se la prenderà: non solo perché è un uomo buono e non bada a queste cose, ma anche perché l’organizzazione che guida non ha proprio niente di cui dolersi col giovane premier italiano. Renzi, infatti, nei rapporti con la Chiesa, sta proseguendo l’antica tradizione dell’inchino, una sorta di regola a Palazzo Chigi. Meglio un’esenzione che un milione di pater e gloria, figurarsi di una visita in Friuli. Quel che c’era da dire, d’altronde, tra Italia e Santa Sede, è argomento che sarà stato affrontato già dal Segretario di Stato, Pietro Parolin, nel pranzo che ha avuto con Renzi martedì alla presenza di Maria Elena Boschi, Luca Lotti e porporati a sfare. Solo una goccia nel fluire eterno e astratto del potere romano, che pure ama incarnarsi a volte in terrene leggine, decretucci, normette e cattolicissime omissioni: Procure e Anti-riciclaggio chiedono da mesi allo Ior la lista dei conti sospetti, ma pressioni del governo in tal senso non risultano agli atti. Ecco, dunque, una rapida panoramica delle opere del Renzi vaticano.
8 PER MILLE. È la vicenda più fresca. Non solo il governo Renzi non prende neanche in considerazione di modificare il meccanismo truffaldino con cui la Cei incassa tre volte di più di quanto i cittadini le destinino direttamente (la cosiddetta divisione proporzionale dell’inoptato), ma ora vuole regalare al Vaticano pure un pezzo dei soldi lasciati allo Stato dai contribuenti. È andata così. La Finanziaria di Letta stabiliva che tra i benificiari dell’8 per mille lasciato all’erario ci fosse anche l’edilizia scolastica; il 1 settembre – quando alla Camera è arrivato il decreto attuativo scritto a Palazzo Chigi – c’era però una piccola modifica: i soldi andranno alle scuole “di proprietà pubblica dello Stato, degli enti locali territoriali e del Fondo edifici di culto”. Il Fondo in questione – che fa capo al ministero dell’Interno – oltre a negozi, appartamenti, foreste e quant’altro, è il formale proprietario di 750 e più grandi complessi ecclesiastici, con scuole annesse, dati in gestione alle varie congregazioni di Santa Madre Chiesa. Sono scuole private, ma beneficeranno dei (pochi, circa 150 milioni l’anno) soldi dell’8 per mille dello Stato tra le proteste – solitarie finora – del M5S. Ora il testo è all’esame del Parlamento: “Del-rio ci tiene molto”, dicono nei corridoi (anche se, a stare a Dagospia, al Vaticano non ritengono più il cattolicissimo sottosegretario un interlocutore affidabile: ha perso punti col capo).
TASI-IMU. Gli edifici, anche “commerciali”, di proprietà di enti religiosi continuano a essere largamente esentati dal pagamento delle imposte sugli immobili. Dopo gli anni dell’esenzione semi-totale, il governo Monti – anche per evitare una multa dall’Ue – decise di far pagare il settore “no profit” almeno per le parti degli edifici adibiti “a uso commerciale”: peccato che poi fece un regolamento incomprensibile e da allora ancora non s’è visto un euro. Ora, però, ci sono le nuove istruzioni pubblicate il 26 giugno dall’Agenzia delle Entrate. Risultato: a parte gli alberghi, anche con Renzi la Chiesa non paga. Le cliniche sono esentate (basta che siano convenzionate col Ssn) e le scuole praticamente pure: la legge “salva” quelle che chiedono alle famiglie “importi simbolici”, ma secondo il Tesoro “simbolico” significa che la retta non deve superare i 6-7 mila euro l’anno, cioè all’ingrosso 700 euro al mese.
DIRITTI CIVILI. Sulle coppie di fatto, Renzi si presentò in Parlamento parlando di un “compromesso” possibile. Le Camere, dunque, hanno discusso e ora in Senato c’è un ddl quasi pronto e accettato da molte forze politiche, anche d’opposizione. E qui arriva il compromesso renziano: con apposita intervista al giornale della Cei, Avvenire, a fine luglio, Renzi ha definito “superato il testo” e annunciato “un ddl ad hoc del governo”. Quando? Mah. Per la fecondazione eterologa, invece, è accaduto il contrario. La Consulta boccia la legge 40 e consente di ricorrere a donatori esterni alla coppia, il ministro Lorenzin s’affretta a scrivere un decreto, ma il premier lo straccia: “Ci deve pensare il Parlamento”. Nel frattempo, lui e il ministro mandano i Nas in quelle cliniche che tentano di far rispettare la legge. D’altronde, ai tempi del referendum sulla legge 40 e degli inviti al boicottaggio del cardinal Ruini, il nostro si esprimeva così: “Non andrò a votare. Rivendico la legittimità della posizione di chi ritiene di dover far fallire il referendum facendo mancare il quorum”.
LE SCUOLE. L’istruzione prima di tutto, dice Renzi, e infatti alle scuole private non solo sarà confermato più o meno l’intero pacchetto dei finanziamenti diretti da mezzo miliardo l’anno (con buona pace della Costituzione che li vieta), ma si appresta anche a varare una defiscalizzazione abbastanza decisa delle donazioni. Nelle parole di La buona scuola, vale a dire le linee guida della riforma prossima ventura: “Va offerto al settore privato e no profit un pacchetto di vantaggi graduali per investimenti in risorse umane e finanziarie destinato a singole scuole o reti di scuole, attraverso meccanismi di trasparenza ed equità che non comportino distorsioni”. Quando tra pubblico e privato non c’è differenza, in genere è il secondo che ci guadagna.
di Marco Palombi
Il Fatto Quotidiano 13.09.2014