Mentre Renzie si balocca con l’abolizione del Senato e in cambio Berlusconi salva il “grano”, l’unica cosa a cui tenga, grazie al Patto del Nazareno di cui i cittadini non sanno nulla, l’Italia va allo sfascio economico. E chi lo denuncia è considerato un “gufo”, ma i fatti sono fatti e non slogan e non possono essere contraddetti con battute da bambino scemo. In ogni caso meglio gufi che sciacalli.
“I numeri sono numeri. E non si può mica accusarli di essere “gufi”, “frenatori” o “sfascisti” come si fa con i dissidenti interni e con le opposizioni in Parlamento. “I fatti sono argomenti testardi”, diceva John Adams. Quei fatti il M5S li vede e li denuncia da oltre un anno, da quando siamo entrati in Parlamento e abbiamo visto come questi governi legiferano in materia economica.
Renzi ancora stenta a togliersi il suo giubbottino di pelle di ottimismo. Ma la tempesta dei conti è già all’orizzonte e nel governo hanno capito che un look sbarazzino alla Fonzie non sarà sufficiente per ripararsi dal diluvio.
Il premier ha bisogno, nel 2015, di almeno 10 miliardi per rendere strutturale la promessa elettorale degli 80 euro. Poi gliene servono altri 4-5 per dare seguito alla parola data: allargare il bonus a incapienti, pensionati, famiglie numerose e non si sa chi altri. E ci vorranno 3-4 miliardi per le spese cosiddette incomprimibili, dalla cassa integrazione in deroga (a proposito, che fine ha fatto il decreto per riorganizzare gli ammortizzatori in deroga?) alle missioni militari all’estero. Infine ci sono le tagliole disseminate qui e lì dai governi precedenti, come gli oltre 4 miliardi di clausole di salvaguardia (che spostano le fregature da oggi a domani) contenute nella legge di Stabilità di Enrico Letta, amara eredità che il M5S ha più volte denunciato.
Renzi adesso si aggrappa ai miracoli della spending review di Cottarelli. Ma già sui 3 miliardi di tagli previsti dal decreto Irpef per quest’anno il meccanismo è inceppato (soprattutto sul fronte dei Comuni). E i benefici derivanti dal calo degli spread non saranno sufficienti a eludere l’amara verità che stiamo denunciando da tempo: questo governo, come i suoi predecessori, resta schiavo dell’austerity e sprofonda in un gorgo in cui il rigore fiscale uccide l’economia e genera l’illusione che altro rigore fiscale sia necessario.
Il cane si morde la coda. E’ evidente l’avvitamento su noi stessi. La crescita è ferma e il Def si sta dimostrando l’ennesimo libro dei sogni. Il debito esplode, il deficit non scende, la deflazione uccide le aspettative di ripresa della domanda interna, la produzione industriale continua a declinare, persino il salvagente dell’export si sta sgonfiando. E intanto le tasse aumentano, la Tasi è un caos, il risparmio viene massacrato, persino le Province continuano a riscuotere 4,5 miliardi di imposte (ma non erano state cancellate?).
I trucchetti contabili, le poste di bilancio spostate come il gioco delle tre carte e le solite clausole di salvaguardia sono nodi che ora vengono al pettine. Nel frattempo, malgrado la grancassa di Palazzo Chigi, l’Europa continua a guardarci con diffidenza e non concede nulla sul fronte della flessibilità: niente scorporo dal deficit degli investimenti (meglio così se si tratta di fare grandi e inutili opere mangiasoldi), niente rinvio del pareggio di bilancio strutturale, niente sconti sui cofinanziamenti dei progetti Ue. Accesso ai fondi della Bei o debito europeo comune? Nemmeno a parlarne.
Insomma, niente di niente: la Merkel continua a essere padrona di casa e il duo tragicomico Renzi-Padoan fa la parte dei camerieri in livrea a bordo tavolo con tovagliolo al braccio.
Anche i giornali esteri, persino quelli anti-austerity di tradizione anglosassone, dal Wsj all’Economist, hanno già sbeffeggiato gli ardori riformatori del premier. La stampa italiana, invece, è ancora in larga parte accomodata sul carro del vincitore. Ma il vento cambia presto e qualche spiffero già si avverte.
Il M5S lo aveva detto chiaro: i soldi degli 80 euro andavano usati diversamente. Bisognava darli agli strati più deboli della società o, meglio ancora, investirli nei settori produttivi che possono far ripartire davvero il motore del Paese in modo sano e sostenibile, dalle rinnovabili all’economia digitale, dal turismo alla ricerca e innovazione.
Invece questi governi continuano a buttare il danaro dove non serve o dove serve solo agli amici loro (chi ricorda che Letta mise in Stabilità 400 milioni per il Mose e 20 milioni appena per la banda larga?).
Abbiamo anche presentato una risoluzione secondo cui i proventi delle privatizzazioni (se proprio vanno fatte) devono essere usati per la crescita, per migliorare il denominatore e per allargare la nostra base monetaria. Basta con le svendite dei gioielli di famiglia che diventano un secchiello con cui si cerca di svuotare il mare del debito.
Secondo M5S c’è un modo sano di usare il deficit e il debito. L’unico deficit che davvero ci preoccupa è quello di comprensione della realtà che affligge Renzie e il suo governo”.
M5S Commissione Bilancio
Ci aspetta una tempesta perfetta in autunno. Le previsioni variano da una manovra ottimistica(?) di 24 miliardi a una catastrofica di 40 miliardi. Dove troverà i soldi Renzie? Nelle nostre tasche.
Quali sono le opzioni? Partecipate al sondaggio. Votate quali sono per voi le ipotesi più probabili. E a dicembre con il panettone (chissà se Renzie lo mangerà…) arriverà il FMI.
E intanto avanti con le “riforme” perché ce le chiede l’Europa