“C’è una polemica ricorrente che riguarda l’eccessivo numero dei partiti, si dice in Italia ci sono troppi partiti. Dobbiamo capirci che cosa significa troppi partiti. Facciamo un esempio, ci sono due Paesi, uno in cui c’è un partito che prende il 75% dei voti da solo e poi altri venti partiti che si suddividono il restante 25 per cento. Dall’altro lato invece abbiamo un Paese che ha tre partiti che grossomodo si dividono il 33 per cento ciascuno. Quale è il Paese con il maggiore livello di frammentazione? È evidente che è il secondo.
Nel primo caso c’è un partito che con il 75% è in grado di governare da solo, è in grado, se fossimo in Italia, addirittura di riformare la costituzione da solo, e gli altri partiti sono scarsamente influenti, se c’è un partito dominante che supera e in modo anche cospicuo il 50% gli altri partiti possono anche essere 40, ma non… questo non cambia niente. Viceversa un sistema politico in cui c’è un numero più limitato di partiti, ma sostanzialmente equivalenti, ha molti più problemi, perché deve realizzare delle coalizioni. Questo naturalmente se si è in un sistema di tipo parlamentare come quello italiano e non presidenziale, dove il discorso cambia.
Allora si pone il problema di come riusciamo a contenere il numero dei partiti?Beh, questo dipende anche molto dalle situazioni ambientali. Se la situazione è quella italiana un’eccessiva semplificazione può risultare negativa.
Ci sono vari sistemi, un sistema per contenere la frammentazione lo avete già scelto, è quello del proporzionale rettificato, del proporzionale corretto, che è stato scelto uno dei mezzi del proporzionale corretto, proprio con l’idea di dare più forza al partito di maggioranza relativa, ridimensionando, scoraggiando l’eccessiva frammentazione.
Ci sono poi altri due sistemi, uno è la clausola di sbarramento, per cui tutti i partiti che non raggiungono una certa soglia, che in vedremo quale è, non sono ammessi in Parlamento. Poi c’è un altro sistema, che è quello dell’ampiezza dei collegi, non si dà luogo a collegio unico nazionale per recuperare i resti di quello che i partiti prendono nelle varie circoscrizioni, e si fanno collegi molto piccoli, nella consultazione, qui, è emersa l’idea di collegi intermedi, ma intermedio può significare tanto sette, otto, candidati per collegio quanto può significarne 40, 50, 60, e nella Prima Repubblica Milano e Roma superavano i 55 candidati.
Quindi ci sono due possibilità.
La clausola di sbarramento è quella del 5%, in realtà in Italia il 5% è una soglia piuttosto elevata, però potrebbe essere adottata. Nella prima Repubblica c’era una soglia di sbarramento, che era quella per cui era ammesso al riparto dei voti in sede nazionale il partito che avesse almeno 300 mila voti al livello nazionale e un quoziente pieno in una circoscrizione. Quindi la prima cosa da decidere è se mettere una clausola di sbarramento o meno. La seconda è decidere, adesso se la soglia di sbarramento deve essere minima, come può essere appunto 300 mila voti al livello nazionale, o media, e quindi possiamo prevedere un due o tre per cento o un milione di voti, per intendersi, o se deve essere invece alta.
L’alternativa sono i collegi piccoli, quindi nessun recupero in sede nazionale e collegi limitati di sei/sette deputati, per cui vengono premiati i partiti più forti e quelli territorialmente più concentrati. Queste sono le due opzioni base con le sotto opzioni, bisogna però tenere presente due cose in questo ragionamento: voi avete scelto, il sistema del proporzionale corretto, quindi già c’è un elemento di dis-rappresentatività, una correzione ulteriore con clausola di sbarramento aumenta, ulteriormente, il livello di dis-rappresentatività, perché poniamo un certo numero di partiti raccolga complessivamente il 10% dei voti, e non siano rappresentati. Quei seggi saranno presi dai partiti più grandi e il Parlamento risulterà ulteriormente dis-rappresentativo, quindi nel dosare l’equilibrio generale tenete presente questo aspetto.
Ultima questione: i sistemi elettorali devono avere una loro pulizia e trasparenza, devono essere comprensibili, non è consigliabile che abbiano troppe eccezioni, clausole, quindi se c’è, per esempio, una clausola di sbarramento è opportuno che sia uguale per tutti, non si può iniziare a dire no, il 4% se sei da solo, il 2% se sei in coalizione, che era il Porcellum, oppure sì, c’è lo sbarramento che però non si applica ai partiti con almeno tre circoscrizioni piene, che significa premiare un partito ben determinato, perché è quello che ha maggiore concentrazione locale. Quindi in questo senso suppongo sia opportuno, tra le opzioni proposte, tenere presente una certa linearità che non preveda eccezioni o ulteriori sottospecificazioni che rendano poi illeggibile il testo complessivo.
Quindi sostanzialmente il quesito è: primo nessuna clausola di sbarramento, secondo una clausola limitativa fissa, che può essere appunto il 5%, etc., oppure collegi relativamente piccoli, senza recupero in collegio nazionale. Optando per la scelta di una delle due clausole di limitazione bisogna poi decidere se la clausola di sbarramento deve essere minima, poniamo 300 mila voti, media, poniamo un milione di voti o alta, cioè 5 – 6 per cento. Nel caso si scelga la formula dei collegi limitati, bisogna decidere se si tratta di una restrizione forte, che parla di 6 – 7 candidati per collegio o se invece optiamo per una formula più larga, che però preveda 25 – 20 deputati per collegio, per cui se un partito non ha il 4 – 5 % in una circoscrizione perde tutto in quella circoscrizione, però da qualche altra parte magari avrà una percentuale di 4 – 5 % e quindi una parte dei suoi voti riuscirà a utilizzarla.” Aldo Giannuli