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Lettera aperta a Vendola

Lettera aperta di Antonio Panzone (Taurasia) al Governatore Vendola
Di seguito, la lettera aperta a Nichi Vendola del Prof. Antonio Panzone, Presidente Associazione Culturale Taurasia

“Le acque sotterranee e superficiali dell‘Irpinia costituiscono la maggiore ricchezza del territorio e il principale serbatoio idrico naturale dell’intero Mezzogiorno. Basta citare il nome Irpinia per rievocare le ingenti fonti idriche di Caposele, di Cassano Irpino e di Serino, da cui traggono alimentazione i più importanti acquedotti del meridione d’Italia. Sulla base dell’attuale assetto infrastrutturale le acque dell’ Irpinia ricadono, infatti, al centro di un complesso sistema di interscambi idrici interregionali, per quanto concerne il comparto potabile ed irriguo. Eppure, le popolazioni Irpine stanno vivendo l’alternarsi di fenomeni di siccità e di concentrazione delle piogge, che insieme mettono in forse la certezza della disponibilità d’acqua ed espongono al rischio ricorrente di frane e alluvioni. L’acqua, da abbondante ricchezza, è diventata un problema non più rinviabile anche in Irpinia. Come affrontarlo? Come mettersi nelle condizioni di prevenire il ripetersi di “emergenze naturali” ormai prevedibili? Bisogna pure convenire che oggi l’acqua che sgorga dai monti Picentini è diventata importante come il petrolio. Invece, una logica di comodo fa considerare l’acqua più o meno importante a seconda non più del volere del Padre Eterno, ma del politico che più può incidere su questa risorsa. E frattanto, stranamente avviene che la gente rivierasca dell’interno dell’Irpinia vive sempre più momenti di decrescita. L’Irpinia non è bagnata dal mare; è un territorio interno, dove è possibile, grazie alla generosità delle sue campagne, sfruttare l’agricoltura, dove possono attecchire le medie imprenditorie e il turismo. I giovani, tuttavia, se ne vanno perché non ci sono prospettive di lavoro, perché la nostra terra è diventata ricettacolo di rifiuti, ci chiudono le linee ferroviarie, ci contraggono gli ospedali, le Scuole, che pure erano l’unico modo per parcheggiare i nostri giovani e per farli arrivare preparati all’emigrazione, e non ultimo, non abbiamo più la sicurezza di pensare allo sviluppo grazie anche alla nostra acqua; l’acqua che non c’è più!? Sembra come se la nostra terra, noi non avessimo diritto ad una storia: lo stato di degrado e di abbandono diventa sempre più generale.
All’inizio del secolo scorso la Puglia, regione che recepisce la quasi totalità delle acque irpine, non contava certo 4 milioni di anime, né la portata d’acqua che veniva captata in Irpinia, segnava un rapporto di 9 mila litri al secondo di acqua irpina (a favore della Puglia), a fronte di 600 litri di acqua al secondo destinati all’Irpinia ed al Sannio; né che tale captazione rendesse i nostri fiumi, come il Calore, il Sele medesimo e il Sabato, delle cloache inquinanti, dove si verificano sempre più frequentemente morie di pesci e forme varie di inquinamento, che causano Escherichia Coli, Salmonella, al punto che è fatto assoluto divieto dalle ordinanze sindacali di avvicinarsi al fiume. Occorre un rapporto più equilibrato e più giusto tra le parti da sottoscrivere non con la regione Campania, ma con istituzioni ed esperti Irpini. In Irpinia abbiamo poco da perdere perché i nostri politici non hanno saputo difendere la loro terra e il loro elettorato, come è accaduto in un passato non lontano; abbiamo, pertanto, bisogno di un “homo  novus” che si prenda cura dell’Irpinia e sicuramente anche del Sannio. Carissimo fratello pugliese, non vogliamo considerarci fratelli solo quando vieni a inaugurare nel nostro territorio altre fonti di emungimenti d’acqua, o quando hai bisogno del voto, né ci piace essere considerati terra di conquista, ma piuttosto alleati, con cui stringere un patto duraturo, dove l’uno campa e l’altro non muoia. Queste sono le condizioni indispensabili che permetteranno certamente di vedere sorgere una nuova gente e forse un nuovo SUD. Facci sapere al più presto se possiamo gridare VIVA VENDOLA!
Noi continuiamo a subire un torto: ordinanze sindacali continuano a razionarci l’acqua, impedendoci di innaffiare l’orto, di lavare l’auto, sospendendo sempre più spesso nella giornata, specie d’estate, l’erogazione dell’acqua potabile, mentre l’acqua di interi laghi viene incanalata verso la tua utenza sempre più esigente. Nel mentre ci si pone il problema di concedere alla tua terra, la Puglia, la realizzazione della Pavoncelli Bis, che lamenta il 50% di dispersione d’acqua causa sisma ‘80’, perché non si pensa di rinnovare la rete irpina, che pure conta il 50% di dispersione dell’acqua potabile causa sisma’80’? Inoltre, chi gestisce l’acqua irpina per portarla fuori regione, deve anche porsi il problema di offrire all’Irpinia in cambio alternative economiche che aiutino lo sviluppo alla stessa maniera di come questa medesima acqua procura benessere altrove. Noi irpini paghiamo un prezzo molto alto per l’acqua in quanto viene captata in pozzi profondi a mezzo di macchinari costosi, mentre in Puglia arriva per caduta.  Se tutto ciò non diventa oggetto di un tavolo d’intesa, come si può pensare di costruire una intesa comune? Chi ci guadagna se la nostra Irpinia “non è in grado di garantire la sopravvivenza alla sua gente”.
Accordi di comodo, presi in sedi politiche, a volte non tengono conto delle reali esigenze di intere comunità, che, potrebbero interagire collaborando a nome, di uno sviluppo comune. Più che lo sdegno i noi ribolle lo sdegno di non comprendere perché questo nostro SUD non possa diventare una terra unita, fertile, dove una volta per sempre potremmo, dovremmo chiamarci fratelli … Sta forse in questo il meridionalismo o è un termine del quale neppure il vocabolario sa darne una spiegazione?

Fonte: IRPINIANEWS

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