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Province immortali, la Consulta cancella Monti

Corte costituzionaleI GIUDICI: “NON SI POSSONO ELIMINARE PER DECRETO”. PER FARLO BISOGNA MODIFICARE LA COSTITUZIONE.

 Salva Italia? Tiè. La Corte costituzionale, con una sentenza che lascia pochi margini ai dubbi, boccia senza appello il taglio delle Province deciso per decreto legge e confermato dal voto del Parlamento all’epoca del governo dei tecnici guidato da Mario Monti. Lo strumento del decreto legge non può essere adoperato per organizzare una materia costituzionale come quella dell’esistenza in vita delle Province (espressamente indicata in Costituzione al Titolo V) o della loro razionalizzazione.
L’epitaffio della nota dei giudici costituzionali è senza scampo per chi aveva pensato di poter cancellare le Province con il sistema spiccio della decretazione d’urgenza: “Il decreto legge, atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza, è strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema, quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio”.    L’ENNESIMA FRITTATA istituzionale è servita. Attraverso il Salva Italia definito giusto ieri “incostituzionale”, infatti, nel 2012 non sono andate al voto le province di Ancona, Belluno, Cagliari, Caltanissetta, Como, Genova, La Spezia, Ragusa, Vicenza e Ancona, e nel 2013, ancora, quelle di Roma, Agrigento, Asti, Benevento, Catania, Catanzaro, Enna, Foggia, Massa-Carrara, Messina, Palermo, Trapani, Varese e Vibo Valentia. Per loro, adesso, si apre il limbo di commissariamenti senza prospettive, in attesa del giudizio che daranno la commissione per le Riforme costituzionali e il governo in un percorso che se va come deve andare potrà durare almeno un paio d’anni.E allora che si fa? Adesso il governo, per bocca del ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello , afferma di avere fretta: “L’odierna sentenza della Corte Costituzionale sulle Province – afferma il ministro – rende ancora più importante intervenire attraverso le riforme costituzionali sull’intero Titolo V, in particolare per semplificare e razionalizzare l’assetto degli enti territoriali. È il tempo di rendersi conto che mancate riforme e scorciatoie hanno un costo anche economico che in un momento di così grave crisi il Paese non può più sopportare”.
È una frase che suona disperata, mentre i rappresentanti delle Province festeggiano la vittoria. Il presidente dell’Unione delle Province italiane (Upi) Antonio Saitta centra un punto: “Nessuna motivazione economica era giustificata e quindi la decretazione d’urgenza non poteva essere la strada legittima”. Constata Saitta: “Per riformare il Paese si deve agire con il pieno concerto di tutte le istituzioni, rispettando il dettato costituzionale. Non si possono sospendere elezioni democratiche di organi costituzionali con decreto legge. Non si può pensare di utilizzare motivazioni economiche, del tutto inconsistenti, per mettere mani su pezzi del sistema istituzionale del Paese”.
È UN TEMA CHE nella contesa giuridica è stato fatto proprio anche da tre dei “saggi” che siedono nella commissione per le Riforme costituzionali istituita dal governo su inpulso del Quirinale: Beniamino Caravita di Toritto che era difensore di Lombardia e Campania, Giandomenico Falcon (difensore del Friuli Venezia Giulia) e Massimo Luciani (che ha patrocinato la Sardegna). La loro idea di riforma, anche in seno all’assemblea delle riforme, è più conservatrice. Le Province resistono. Il taglio da “2 miliardi di euro”, previsto da anni con la loro soppressione, si allontana.

di Eduardo Di Blasi
Il Fatto Quotidiano 04.07.2013

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