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I grillini ottengono vicepresidente e questore con i voti Pd

Lugi De MaioLUIGI DI MAIO, 26 ANNI, PRESIEDERÀ A MONTECITORIO POLTRONE DIVISE CON TUTTE LE OPPOSIZIONI SCHEMA CHE SARÀ REPLICATO ANCHE CON LE COMMISSIONI.

 Ha ventisei anni, ha fatto qualche esame alla facoltà di giurisprudenza di Napoli, poi ha desistito per diventare webmaster e far parte del “progetto a 5 stelle”. Ha trascurato anche la fidanzata, che l’ha mollato. Forse ora che Luigi Di Maio è diventato vicepresidente di Montecitorio la ragazza se ne sarà pentita.    Il giovane deputato grillino potrebbe essere quello con la carica più alta di tutto il MoVimento. Ieri Di Maio ha parlato a lungo con i giornalisti in Transatlantico, rompendo la prassi del silenzio stampa (ma con un collega che registrava su un iPhone tutto quello che diceva), annunciando che rinuncerà all’indennità da vicepresidente (2.815,89 euro netti), all’auto-blu, “se mi vedete sopra lincia-temi”, che si rimetterà a studiare e si batterà sia per la riduzione dei privilegi offerti dai Palazzi che per il controllo su tutti i documenti e i libri contabili di Montecitorio. Di Maio è giovane e – confessa – anche inesperto. Ma ha la parlantina da avvocato e dice che se i padri costituenti hanno permesso l’elezione di qualsiasi cittadino in Parlamento è perché lì troverà tutti gli strumenti per governare, anche i funzionari migliori dello Stato con cui lui è pronto a collaborare. Deve la sua elezione ai voti del Partito democratico, solo con quelli dei 5 stelle non ce l’avrebbe fatta.    IL PD HA DIVISO le cariche con tutte le opposizioni, votando anche per loro, per non precludersi nessun accordo di governo. Succederà lo stesso con le commissioni parlamentari, dove i democratici non vogliono fare la parte della “maggioranza pigliatutto” ma creare un “governo parlamentare” condiviso con Pdl e grillini. “Devono essere loro a dirci di no se non interessa”, commentano i deputati Pd. Mercoledì sera il responsabile Enti locali Davide Zoggia, con i capigruppo Roberto Speranza e Luigi Zanda, ha studiato gli schemi, trattato con le correnti interne, sentito gli altri partiti e deciso chi eleggere. La scelta è stata comunicata a deputati e senatori con due riunioni ieri all’ora di pranzo in cui i nomi sono stati approvati per acclamazione. Anche se alla lettura di candidati segretari e alcuni provenienti da altri partiti, la reazione di molti democratici è stata di sbalordimento: si sono chiesti “ma chi sono?”.
I grillini invece sono stati avvertiti dai democratici con una telefonata. Parola di Speranza: “Abbiamo deciso di accordare la loro richiesta unilateralmente”. Insomma, la mossa non aiuterà la formazione di un governo. Ipotesi sigillata dalla frase con cui Pier Luigi Bersani ha concluso la conferenza stampa al Quirinale: “Il Movimento 5 stelle in questi giorni ci ha chiesto di votare i loro candidati a Camera e Senato per rispetto dei loro elettori, ma loro non votano i nostri. Allora noi abbiamo dimostrato rispetto per i loro elettori, loro non hanno mostrato rispetto per i nostri”. Anche – sottinteso – non aiutando la nascita di un esecutivo.
Alla fine i nuovi vicepresidenti della Camera sono Maurizio Lupi (Pdl), Marina Sereni (Pd franceschiniana) e Roberto Giachetti (Pd renziano). A Palazzo Madama eletti Maurizio Gasparri (Pdl), Valeria Fedeli (Pd bersaniana ed ex cigiellina), Roberto Calderoli (Lega) e Linda Lanzillotta (Sc). I questori, cioè il Cda della Camera, saranno il Paolo Fontanelli (Pd dalemiano), Gregorio Fontana (Pdl) e Stefano Dambruoso, (Scelta Civica). Al Senato Laura Bottici (M5S), Lucio Malan (Pdl) e Antonio De Poli (Sc). Più i segretari d’aula a Montecitorio e Palazzo Madama che andranno a comporre tutti insieme l’ufficio di presidenza. Con una lottizzazione in piena regola. Si riuniranno alla Camera questa mattina alle 10 per ratificare gli annunciati tagli a stipendi e privilegi. Il “contagio grillino”, dopo aver colpito i presidenti Piero Grasso e Laura Boldrini – che ieri hanno ufficializzato la volontà di ridurre i loro emolumenti non più del 30% ma del 50% – ha raggiunto anche Roberto Giachetti: “Non voglio l’appartamento né l’auto blu” annuncia il  neo vicepresidente. E l’indennità? “Di quella discuteremo nella riunione dell’ufficio di presidenza”. Che sicuramente penserà anche a una grossa sforbiciata per i gruppi parlamentari che oggi costano 35 milioni l’anno. Nonostante questo c’è chi si prepara a costituirne di nuovi, rinunciando a essere una delle varie componenti del Gruppo misto, per conquistare più soldi e dipendenti. Al Senato è pronto “Grande autonomia e libertà”, una costola del centrodestra composto da dieci senatori provenienti da Grande sud e Pdl, che ha come capogruppo il siciliano Mario Ferrara. Resta invece nel gruppo Misto Sel, che con 7 senatori dovrebbe chiedere una deroga per un gruppo autonomo. La stessa che vuole Ignazio La Russa per i suoi “Fratelli d’Italia”. L’ex ministro si è appellato a un comma del regolamento della Camera per poter formare un gruppo nonostante i soli 9 deputati eletti (a Montecitorio ne servono venti). Il precedente c’è, assicurano, ed è targato Fausto Bertinotti. “Perché allora non dovrebbe concedercelo la Boldrini?” chiedono. Da quelle parti l’epidemia grillina pare non essere arrivata.
di Caterina Perniconi
Il Fatto Quotidiano 22.03.2013

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