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Azzardo: il governo inganna Regioni e Comuni

Il Governo esce allo scoperto in difesa delle multinazionali dell’azzardo. Dopo il rinnovo senza gara della concessione per i ‘gratta e vinci’ nel decreto fiscale, un affare miliardario per Lottomatica, mette nel mirino le leggi regionali che vietano l’offerta di azzardo vicino a chiese, scuole, luoghi sensibili: leggi rivelatesi efficaci nel proteggere la popolazione e perciò invise alle concessionarie del settore.

In legge di bilancio, all’art. 90 il governo afferma che la necessità di svolgere le gare per le nuove concessioni sulle scommesse, va prima contemperata con un corretto assetto distributivo dell’azzardo; perciò proroga le concessioni in essere e obbliga le Regioni ad adeguare le proprie leggi sulla dislocazione dei punti di azzardo, secondo l’intesa raggiunta il 7 Settembre in Conferenza Unificata.

E come dovrebbero le Regioni adeguare le proprie leggi? 
Questo non è per niente chiaro.

Il punto 5 dell’accordo prevede una clausola di salvaguardia in materia di prevenzione e contenimento dell’azzardo, riferita ad alcune azioni di contrasto: le Regioni che hanno leggi più restrittive potranno mantenerle. Anche le altre potranno adottare misure più efficaci se necessario.

Ma – appunto – la clausola si trova al punto 5 ; le distanze minime da scuole, chiese e luoghi sensibili sono trattate invece, separatamente, al punto 2, dove nessuna salvaguardia è prevista, anzi è stato inserito un assurdo: che Regioni ed Enti Locali “nel tutelare la salute” dei cittadini debbano tenere conto degli investimenti privati e non possano, con leggi e piani urbanistici, determinare zone libere dall’azzardo.

Inspiegabile è la leggerezza nell’accettare quel pasticcio da parte di Regioni come Puglia, ma soprattutto Veneto e Lombardia, che mentre chiedevano maggiore autonomia con un referendum, mettevano a repentaglio quella che hanno già. A quel punto infatti tutto dipendeva da come il governo avrebbe dato attuazione all’accordo nel decreto ministeriale annunciato per fine Ottobre .

Le vere intenzioni di Baretta erano puntualmente affiorate, con malcelata soddisfazione, subito dopo la firma dell’accordo: “Ora le Regioni non potranno più chiudere punti gioco, ma solo decidere dove collegare quelli previsti”. Ed ecco che -al posto del decreto- arriva la legge di bilancio; l’art 90 chiarisce definitivamente da che parte sta il governo: lo confermano le velate minacce di Baretta di imputare alle Regioni un danno erariale qualora non depotenziassero le norme anti azzardo. Chiaro, no? Ma perché non è arrivato il decreto?

La legge di bilancio 2016 prevedeva che l’accordo Stato-Regioni sarebbe stato attuato con un decreto ministeriale da sottoporre al parere delle commissioni parlamentari competenti: un calvario, se il ministro avesse forzato il testo contro le Regioni. Diversamente, rispettando le leggi regionali, si sarebbe esposto ad azioni da parte delle lobby che prevedibilmente avrebbero preteso una diversa interpretazione dell’accordo.

Infine l’accordo stipulato il 7 Settembre, conteneva una lunga serie di previsioni tra le quali alcune senz’altro virtuose e sgradite alle concessionarie; con questo articolo 90 il governo lascia cadere nel vuoto le belle promesse e sul resto cerca di scaricare la palla alle Regioni. E poiché la scadenza delle concessioni incombeva, cerca di divincolarsi dalla matassa che ha creato: le convenzioni non si rinnovano finché le Regioni non si adeguano, ma nel frattempo i concessionari possono continuare a lavorare indisturbati, pagando un obolo.

Dopo mesi di ben altri proclami il sottosegretario Baretta dovrebbe prendere atto e dimettersi.

NELLA FOTO: sulla destra il sottosegretario con delega all’azzardo Pier Paolo Baretta (Pd) gioca ad una slot-vlt all’inaugurazione di una fiera di settore a Roma.

di Giovanni Endrizzi

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