Il prossimo presidente si affaccerà al Quirinale a piedi. Scalzo. Con un sacco di ceci sulle spalle. Sergio Mattarella la mattina dell’elezione è arrivato con una Panda (vecchio modello e per giunta grigia!). Matteo Renzi si era mosso con una Giulietta bianca. Altri avevano fatto il loro ingresso in bicicletta e motorino.
Sono lontani i tempi delle auto blu, dei codazzi di macchine con i lampeggianti. Ormai è una gara a chi manifesta maggiore sobrietà (salvo poi, magari, andare a sciare con l’aereo di Stato). L’ostentazione della povertà può essere fuorviante come quella della ricchezza. È un bel gesto mostrare, all’inizio del proprio percorso di Presidente, semplicità e morigeratezza. Tanti italiani faticano ad arrivare a fine mese ed è un segno di attenzione nei loro confronti. È il tentativo di mostrare che i politici non vivono più in un mondo a parte, blindato
contro gli attentati, ma anche impermeabile al sentire comune. Abbiamo sempre manifestato ammirazione per i paesi del Nord Europa dove i politici si muovono in mezzo alla gente, dove Angela Merkel va in vacanza in una pensione a due stelle; chissà che anche da noi, dopo i lussi sfacciati e offensivi delle ville in Costa Smeralda con tanto di vulcano, non riusciamo a ritrovare una dimensione più umana.
E, però, questa gara di modestia ci pone un interrogativo: dov’è il confine tra apparenza e sostanza? Non basta una Giulietta o, addirittura, una Panda grigia (imbattibile, a meno di non sfilare su una Duna anni ’90 come quella cantata dalle pagine di Cuore). Questo è un gesto buono per i fotografi che, si sa, sono appostati lungo il percorso. Il vero senso della misura, la consapevolezza di non avere un destino a parte sono questione molto più sottile e profonda, che non si può cogliere con una foto. Quello che si chiede a un presidente della Repubblica, a un premier, è la consapevolezza di essere un cittadino, un uomo come altri sessanta milioni, pure nel momento in cui occupa una posizione di – giusto – prestigio. Una persona che accetta le leggi che sono uguali per tutti. Che accoglie le critiche come, e più, di chiunque altro. Un uomo che non pretende di imporre le proprie opinioni in ragione della carica. Che non è cresciuto negli ambienti del potere sfruttando, per sé e i propri familiari, amicizie, convenienze e privilegi. Nell’Italia maestra di cerimoniosità e ossequi si viene chiamati presidenti per tutta la vita, ma terminato il mandato si torna a essere uomini. Il tempo ci mostrerà se Mattarella ha anche questa umiltà più profonda. A Renzi la Giulietta non è stata sufficiente. E noi cittadini seguiamo l’impegno del nuovo Presidente augurandoci che lo svolga nel migliore dei modi. Senza, però, accontentarci di una foto folkloristica. Una Panda non basta.
Ferruccio Sansa
Il Fatto Quotidiano 02.02.2015