Debora Serracchiani apre, i Cinque Stelle chiudono: almeno per ora. Perché l’offerta sull’Italicum arriva “con cinque mesi di ritardo” e suona strumentale, “un modo per usarci come esca per Berlusconi”. E perché dal Pd non arrivano segnali veri sul Colle, partita ad oggi ancora ristretta nel recinto del Nazareno. Sbatte contro il silenzio ostentato dei capi e il no in chiaro di qualche colonnello, la lettera con cui domenica scorsa il vicesegretario dei Democratici ha chiesto al Movimento di votare assieme il premio di lista per la legge elettorale, in Senato. “Vi chiediamo se sull’emendamento da voi caldeggiato e richiesto voterete a favore della nostra proposta, o se continuerete a rifiutare ogni forma di collaborazione” scriveva la Serracchiani. Della serie: dimostrate responsabilità su
quella norma che avevate invocato in streaming davanti a Renzi e agli ambasciatori dem. Ma il M5S non la prende bene, si sente trattato come una ruota di scorta. Domenica Casaleggio, dalla casa madre di Milano, aveva ordinato ai suoi di non replicare: “Per ora snobbiamola, ci vogliono usare per mettere pressione a Berlusconi”. Ieri i cinque del direttorio sentono più volte il cofondatore. Qualcuno vorrebbe rispondere con una contro-lettera sul blog di Grillo, come avveniva proprio durante la faticosa trattativa sull’Italicum. Magari facendo notare nero su bianco che da parte dei Dem serve un’offerta complessiva: sulle preferenze nella legge elettorale, come sul Qurinale. Ma alla fine si decide per mantenere la linea del silenzio, almeno sul blog. A tirare giù la saracinesca è il deputato Roberto Fico, membro del direttorio: “Una lettera così all’improvviso lascia il tempo che trova, serve a depistare perché ora in Senato ci sono 30 senatori del Pd che non vogliono i capilista bloccati e perché i democratici sono in subbuglio pure sul caso Coffe-rati”. Aggiunta rumorosa: “Renzi è un baro per cultura politica”.
GLI CHIEDONO delle Quirinarie, e il deputato prende tempo: “Stiamo lavorando, vedremo”. È la conferma che il direttorio e Casaleggio non hanno fretta di consultare gli iscritti. Si aspetterà almeno la prossima settimana, se non l’inizio delle votazioni per il Quirinali. Per non dare punti di riferimento a Renzi con nomi conclamati. Ma soprattutto perché il M5S spera ancora che il premier s’incagli, stretto tra la minoranza dem in rivolta e Forza Italia semi-ingovernabile. E che alla fine si trovi costretto a correre dai Cinque Stelle offrendo una rosa di nomi, da sottoporre poi al web. Ipotesi per ora lontanissima. Nell’attesa, dai Cinque Stelle arrivano solo porte in faccia alla Serracchiani. Il deputato Giuseppe Brescia: “Sono passati solo 5 mesi dai famosi tavoli sulla legge elettorale senza che qualcuno si fosse degnato di darci una mezza risposta a tutte le nostre richieste e ora ci vengono a pregare di togliergli le castagne da fuoco con Berlusconi”. E il capogruppo Andrea Cecconi: “La Serracchiani? Parla a nuora perché suocera, cioè Berlusconi, intenda”. Dettaglio importante, Cecconi non certifica il no al premio di lista: “Lo vedranno in aula come voteremo”. Traduzione: sul merito non diciamo nulla perché non abbiamo neppure iniziato a trattare. Insomma, il no è innanzitutto al metodo. In serata si riuniscono i senatori. A margine, un parlamentare di peso: “Se fosse votabile singolarmente, potremmo anche valutare il sì al premio di lista: ma vedrete che lo inseriranno in un maxi-emendamento”. Oggi Cecconi e il capogruppo in Senato Andrea Cioffi saranno a Milano per fare il punto con Casaleggio. Mentre il direttorio andrà a Bruxelles, per incontrare gli eurodeputati.
Luca De Carolis
Il Fatto Quotidiano 20.01.2015