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REGALO ALLE BANCHE ASSE TESORO-BANKITALIA E RENZI STA A GUARDARE

L’ANATOCISMO (INTERESSI SUGLI INTERESSI) RESUSCITATO DOPO LA STANGATA SULLE PLUSVALENZE PER PAGARE GLI 80 EURO IL PD: “LO ABOLIREMO”. MA IL GOVERNO, DIVISO, PRENDE TEMPO.

Partiamo con un esempio e una piccola cronologia degli eventi. Siamo a marzo 2014, al Tribunale di Campobasso: un imprenditore, dopo una lunga causa e molto patire, si vede dar ragione dalla giudice Barbara Previati. La locale filiale di Unicredit deve risarcirgli 720mila euro. Motivo? L’anatocismo, cioè il calcolo trimestrale degli interessi sugli interessi che le banche applicano ai correntisti ricavandone milioni e che, in decine di sentenze, moltissimi tribunali (Cassazione e Corte costituzionale comprese) hanno già dichiarato illegittimo. Poco importa: la percentuale dei clienti che si rivolgono al giudice è bassa e il gioco, per gli istituti di credito, vale la candela. Una norma dell’aprile 2000 peraltro – a palazzo Chigi c’era Massimo D’Alema – ha pure depotenziato le capacità di rivalsa dei cittadini.
LA SVOLTA – parziale come vedremo – avviene alla fine del 2013, durante la Finanziaria del governo Letta. In un’agitata seduta notturna in commissione Bilancio della Camera passa un emendamento del Pd (proponente il presidente Francesco Boccia, dietro la cui firma si leggono quelle delle future ministre Madia e Boschi) che cancella l’anatocismo. Piccola precisazione: sono passati sette mesi, ma quella legge non è ancora mai stata applicata. Per qualche motivo, infatti, il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (Cicr) non ha ancora provveduto a renderla operativa. Cose che capitano.
Ora passiamo al 24 giugno, quando in Gazzetta Ufficiale appare il decreto Competitività del governo Renzi: dentro, all’articolo 31, c’è la resurrezione dell’anatocismo. Il Cicr, si legge nel testo, deciderà “la produzione di interessi sugli interessi” ma con cadenza annuale, non più di tre mesi in tre mesi. Qui c’è un problema: chi ha messo quell’articolo dentro il testo? Mah. Di fronte alle prime critiche il ministro dello Sviluppo, Federica Guidi, che firma il decreto, nega di saperne alcunché; palazzo Chigi come sopra; al Tesoro allargano le braccia.banca
Poi, in audizione nella commissione Attività produttive del Senato, arriva Giorgio Gobbi, capo del Servizio stabilità finanziaria di Banca d’Italia. È mercoledì: “Quasiasi paese che non abbia una legislazione islamica accetta l’applicazione degli interessi composti, nessuna economia di mercato può funzionare senza questo meccanismo”. Si fa appena in tempo a notare che la Germania o la Gran Bretagna non sono paesi islamici, che il nostro prosegue: “La formulazione così com’è per noi è opportuna e salva molte famiglie e imprese da maggiori spese”. Non è una firma, ma poco ci manca. Nel frattempo è scaduto il termine per gli emendamenti al dl Competitività: ebbene tra maggioranza e opposizione se ne contano qualche decina che intendono abolire l’articolo 31.

COSA FARÀ il governo la prossima settimana, quando si tratterà di dire sì o no? Cercando una risposta a questa domanda ci si imbatte in repliche sorprendenti. Allo Sviluppo economico sono netti: “Il ministro ha già detto che per lei quella norma va tolta”. A palazzo Chigi rispondono di non saperne nulla e di chiedere al Tesoro. Si passa allora al ministero di Pier Carlo Padoan. Quindi? “Mah – replica una fonte di alto livello – Credo che questa partita la stia seguendo Banca d’Italia”. Palazzo Koch, che non risulta essere parte dell’esecutivo, è allo scoperto e non se la passa bene. “Il governatore Ignazio Visco a questo punto deve venire in Parlamento e spiegarci qual è la posizione della Banca d’Italia sull’anatocismo”, scandisce Francesco Boccia: “A questo punto, anzi sarebbe anche interessante capire chi ha scritto quell’articolo. Com’è possibile che non si sappia chi ha inserito una cosa di questa portata in un decreto?”.  In realtà, spiega una fonte governativa, “quell’articolo sull’anatocismo è stato concordato tra Tesoro e Banca d’Italia fin dall’inizio, sono loro che provano a difenderlo: se si mette male, proveranno a farlo passare con la fiducia”. A via XX settembre, come ha già scritto Il Fatto Quotidiano, si dice che il referente politico dell’accordo sia stato il viceministro Enrico Morando.    Lo scambio, dicono invece in Parlamento, è avvenuto tra l’aumento della tassazione sulle plusvalenze di Bankitalia – con cui Renzi ha pagato parte degli 80 euro – e gli interessi sugli interessi che tanto bene fanno ai bilanci degli istituti di credito (e infatti l’Abi difende la norma a spada tratta).

Palazzo Chigi, al momento, lascia fare, come se la cosa non lo riguardasse: nemmeno Maria Elena Boschi e Marianna Madia, che pure firmarono l’emendamento per l’abolizione solo pochi mesi fa, hanno preso posizione.

di Marco Palombi
Il Fatto Quotidiano 13.07.2014

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