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Più ghigliottina per tutti, Parlamento sotto schiaffo

senato3A PALAZZO MADAMA PASSA UN EMENDAMENTO CHE DÀ ALLA CAMERA SOLO 2 MESI DI TEMPO PER APPROVARE LE NORME RITENUTE “FONDAMENTALI” PER IL GOVERNO

Sempre più poteri al governo e sempre meno al Parlamento. Che sarà obbligato a votare entro due mesi le leggi che l’esecutivo ritiene prioritarie per l’attuazione del programma. Questo il succo di una legge che, infatti, è stata ribattezzata “ghigliottina” e che ha preso corpo ieri in commissione Affari costituzionali del Senato. All’interno della riforma costituzionale in discussione a Palazzo Madama è stato approvato un emendamento dei relatori Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli, con i voti della maggioranza più Lega e Forza Italia, che mette su una corsia preferenziale quelle leggi che l’esecutivo considera “prioritarie per l’attuazione del programma di governo”.
In pratica funziona così. Il governo indica una serie di leggi “fondamentali” per il suo programma. Una volta che una di queste leggi viene licenziata in Consiglio dei ministri, la Camera ha 60 giorni per approvarla, con tutte le modifiche e gli emendamenti proposti dai partiti. Se però, passati due mesi, la norma non ha ancora visto la luce, a quel punto dovrà essere approvata votando direttamente in aula gli articoli nella versione originale proposta da Palazzo Chigi. Così facendo si mette una bella spada di Damocle sui deputati che saranno costretti a bruciare le tappe. Altrimenti le leggi passano esattamente come le vuole il governo, ovvero Matteo Renzi.

“Si tratta di una fiducia non fiducia”, spiega una fonte di Montecitorio, “perché in questo modo l’esecutivo potrà spingere l’acceleratore su alcune norme senza rischiare di dover passare per le forche caudine della fiducia parlamentare”. L’emendamento Finocchiaro-Calderoli, in realtà risponde alla richiesta della Corte costituzionale di porre un freno all’uso dei decreti legge (che entrano subito in vigore, ma poi devono essere convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni). Così ecco la “ghigliottina”, da cui però sono escluse le riforme elettorali, le leggi delega, quella di Bilancio e le ratifiche dei trattati internazionali. La parola, d’altronde, è fortemente evocativa. Come fa notare Giorgia Meloni: “In questo modo Renzi torna alla Rivoluzione francese per tagliare la testa all’opposizione in Parlamento e impedirle di parlare. Ora ci chiediamo quali saranno le prossime mosse. Forse, come Napoleone, si autoincoronerà imperatore”.
L’IDEA DI DARE una corsia preferenziale alle leggi ritenute importanti dal governo, però, non è nuova. La prima versione la troviamo all’interno di una proposta per modificare i regolamenti parlamentari firmata da Fabrizio Cicchitto a nome del Pdl nel luglio 2008. Divenuta lettera morta, la stessa proposta ha poi cambiato nome in maniera camaleontica. E così eccola rispuntare come “emendamento Zanda-Quagliariello” nella precedente legislatura e, infine, come uno “Zanda-Finocchiaro-Minniti” presentato il 10 aprile 2013, proprio in questa legislatura. I dubbi sollevati allora furono proprio di costituzionalità , ostacolo evitato ieri con l’emendamento ghigliottina inserito all’interno della Riforma costituzionale.

Ma anche un’altra norma ieri ha suscitato un vespaio di polemiche. Sempre a Palazzo Madama, infatti, si è deciso di alzare da 50 mila a 250 mila la soglia delle firme necessarie per presentare una legge di iniziativa popolare. In questo modo si ritaglia la facoltà di presentare leggi popolari solo a grandi organizzazioni politiche o sindacali. Perché raccogliere 250 mila firme non è affatto facile.

“I PARTITI hanno messo a segno un vero e proprio golpe”, protesta il Movimento 5 Stelle, con Riccardo Fraccaro, che annuncia battaglia. “Alzare il numero delle firme, o inserire la ghigliottina in Costituzione, significa ferire a morte la democrazia. Una maggioranza di nominati, inquisiti e condannati fondata sull’inciucio sta scardinando la Costituzione per riscriverla a uso e consumo del sistema partitocratico”. “I partiti tolgono ancora potere ai cittadini”, sono le parole che Beppe Grillo fa rimbalzare su Twitter. E anche in questo caso si fanno sentire quelli di Fratelli d’Italia. “Si vede che la partecipazione popolare dà fastidio. E il tutto arriva per decisione di un presidente del consiglio eletto da primarie di partito non regolamentare per legge”, osserva Fabio Rampelli. Nell’emendamento l’aumento delle firme secondo la maggioranza è bilanciato con l’obbligo per la Camera di “garantire tempi certi per l’esame di queste leggi”. Mentre finora le proposte di iniziativa popolare venivano quasi sempre lasciate morire in Parlamento. A meno che qualche partito non le facesse sue riproponendole in altro modo.

di Gianluca Roselli
Il Fatto Quotidiano 04.07.2014

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