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Ecomafia, nel 2013 giro d’affari da 15 miliardi di euro. Stimati più di 80 reati al giorno

ecomafiapostCome si legge nel rapporto di Legambiente sarebbero 321 i clan coinvolti nel business della criminalità ambientale. Il 47% delle infrazioni avvengono in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.

L’ecomafia nel 2013 ha ‘fatturato’ 15 miliardi di euro. Un giro d’affari che avvelena l’ambiente e l’economia ottenuto al ritmo di oltre 80 reati al giorno (più di tre all’ora), e oltre 29.000 infrazioni accertate nel 2013. Sono questi i dati pubblicati dal rapporto ‘Ecomafia’ 2014 preparato daLegambiente, che fotografano “un’Italia del malaffare che se ne frega dell’ambiente e della salute”.

Una somma che viene spartita tra i 321 clan coinvolti dal business della criminalità ambientale e che nonostante un calo del volume di affari (l’anno scorso toccava quota 16 miliardi), dovuto soprattutto alla spending review e alla minor spesa pubblica, riesce a bruciare 5 miliardi l’anno in appalti e opere pubbliche. Tra i principali settori di guadagno illecito figurano i rifiuti, che valgono 4,1 miliardi (3,1 quelli speciali e 1 quelli urbani), i reati legati alla fauna (2,6), l’abusivismo edilizio (1,7), l’inquinamento ambientale (800 milioni), le illegalità alimentari (500 milioni) e l’archeo-mafia (200 milioni). In testa alla classifica delle regioni le quattro aree del Paese a “tradizionale presenza mafiosa”: Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, dove avvengono il 47% dei reati ambientali. Al centro la regione con più eco-crimini è il Lazio, al nord la Liguria, mentre tra le province Napoli guadagna il triste primato.

Nello specifico, aumentano i reati nel ciclo dei rifiuti, passando da 5.025 a 5.744 (più 14,3%), che vedono in testa la Campania (17% dei reati). Diminuiscono invece del 12,7% i reati legati al ciclo del cemento, che in cima alla classifica vedono ancora la Campania. Nel settore agroalimentare si registra un vero e proprio boom di reati nel settore agroalimentare (9.540 reati contro i 4.173 reati dell’anno scorso). L’ecomafia si infiltra anche nelle pieghe della green economy, dei centri commerciali e della grande distribuzione. “Abbiamo da tempo segnalato al Parlamento – osserva il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, parlando degli eco-reati – la necessità di trasformare in delitti quelli che oggi sono contravvenzioni, per poter avere mezzi più incisivi di contrasto sul piano della repressione penale”. “Auspico che ci sia una rapidissima approvazione del ddl sugli eco-reati – aggiunge il ministro della Giustizia Andrea Orlando -. E’ un risultato che va portato a casa”.

Il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti rivolge un appello per l’approvazione di questo ddl: “Abbiamo bisogno di quella normativa. C’è la disponibilità del mio ministero ad accelerare il percorso e fare quello che è necessario”, lanciando l’idea della “compilazione di un codice ambientale“. “Reati ambientali e corruzione sono strettamente connessi – dichiara il presidente di Legambiente,Vittorio Cogliati Dezza – Le misure non sono più rinviabili”, anche perché ad un “vivace dinamismo degli eco-criminali fa da contraltare l’immobilismo della politica nazionale”. Rossella Muroni, direttrice di Legambiente, mette in evidenza come gli eco-criminali si muovano “con strategie camuffate di legalità” soprattutto “nell’area grigia dei funzionari pubblici corrotti”. Ed è per questo che “sul fronte della corruzione è necessaria una risposta urgente per sradicare il virus delle tangenti”. Roberti ricorda l’importanza della “certezza della pena” e che la corruzione si potrebbe combattere anche attraverso una “riforma della prescrizione, un regime che inghiotte il 35% dei reati in Italia”

di Redazione
Il Fatto Quotidiano 11.06.2014

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