Per tentare di rimediare alle mancate entrate per l’erario che al momento ammontano a due miliardi di euro, Atene propone la reclusione in speciali carceri destinati solo ai reati finanziari. Inizialmente la misura era prevista dai 5.000 euro di tasse non pagate in su, ma il limite potrebbe scendere a mille.
Chi ha debiti con lo Stato rischia il carcere. La Grecia dei tre memorandum, che non chiudono la voragine dei conti scandalo è anche questo, con un disegno di legge in attesa di essere vagliato dal parlamento su cui si sta scatenando un alveare di polemiche. Dal momento che ancora una volta salva la casta che lo propone. Secondo quanto riferito in un’audizione in Commissione Giustizia dal sottosegretario Kostas Karagounis, il governo per tentare di rimediare alle mancate entrate per l’erario che al momento ammontano a due miliardi di euro, propone la reclusione in speciali carceri destinati solo ai reati finanziari. Mentre in un primo momento la misura era prevista dai 5.000 euro di tasse non pagate in su, alcune fonti giornalistiche sostengono che il limite potrebbe scendere a mille.
Ma non è tutto. Perché il dilemma del sovraffollamento delle carceri non è solo italiano, bensì anche greco, con strutture fatiscenti e piene zeppe di detenuti per il 60% stranieri. Per questo il ministro della giustizia Rupakiotis avrebbe individuato dei siti alternativi, come le caserme militari, dove ospitare coloro che hanno debiti con lo Stato. E al contempo ha chiesto al suo parigrado albanese di poter trasferire i numerosissimi detenuti albanesi presenti nelle strutture elleniche direttamente nei penitenziari del paese delle Aquile. Un doppio corto circuito, istituzionale e ministeriale, che sta facendo imbufalire un Paese a un passo dalla crisi di nervi. Che i tre memorandum della troika ha messo in ginocchio, mentre la casta politica, dove abbondano indagati e parlamentari coinvolti in scandali di media ma anche di grossa taglia come il caso Siemens o la lista Lagarde, gode di una singolare immunità. Che vincola il giudizio di un tribunale sugli stessi ad una commissione parlamentare che ne autorizzi il processo, ma che deve esprimersi anche più di una volta in caso di nuove elezioni, così come accaduto lo scorso anno nel Paese. Con tempi che si allungano e prescrizioni che vanno in soccorso di deputati e ministri.
Nell’ultimo trimestre sono stati quasi cinquecento i cittadini greci che hanno varcato le porte di un carcere per debiti con l’erario. Dal momento che in questo biennio di crisi l’economia si è fermata e i circuiti commerciali interrotti, con aziende chiuse, imprenditori e lavoratori che si sono tolti la vita, sono numerosissimi i greci che non sono materialmente riusciti a pagare i famigerati karatzi, ovvero l’Imu sugli immobili che lo Stato ha inserito come voce nella bolletta della luce. E che ha causato il taglio per i morosi che sono stati costretti addirittura a far ricorso alle candele. La domanda, a questo punto, è perché il governo scelga un percorso simile, quando in realtà, se si andasse a pescare nelle sacche degli scandali ci si potrebbe anche guadagnare.
In questi giorni infatti nel paese si sta celebrando il maxiprocesso ad uno degli uomini più influenti della storia recente: Akis Tzogatzopulos, ministro della Difesa negli anni novanta ma soprattutto grande ombra dietro le quinte del premier Andreas Papandreou, padre-padrone della politica greca. É accusato di aver costruito una rete di società off-shore per gestire almeno 160 milioni di euro difondi neri e frutto di tangenti, specificatamente per aver acquistato ingenti quantitativi di armamenti, tra cui sommergibili tedeschi e sistemi missilistici russi. Un nome, quello di Tzogaztopulos in carcere dallo scorso maggio, che sta facendo tremare i palazzi del potere in Grecia, anche perché in un’udienza ha annunciato di voler chiamare come testimoni gli ex premier socialisti Simitis (che curò il passaggio del paese dalla dracma all’euro) e Papandreou su cui incombono i riverberi della commissione di inchiesta sulla lista Lagarde, l’elenco degli illustri evasori. In cui in un’intercettazione telefonica agli atti si fa il nome di sua madre Margareth come titolare della cifra monstre di 500 milioni di dollari.
Tra l’altro molti sono i giudici greci che considerano la misura di detenzione proposta dall’esecutivo incostituzionale, come fatto in un sentenza dal sostituto procuratore di Salonicco, Vasilis Adampas, perché incide sugli articoli 2, 6 e 25 della Costituzione che si riferiscono la protezione della dignità umana. “Il legislatore ha introdotto una non convincente regolamentazione”, ha dichiarato. Le detenzioni per i reati finanziari oggi contano nel Paese 4500 individui, su un totale di circa 13.000. Provocando sdegno tra cittadini e commentatori, dal momento che a fronte di tale inasprimento non sono mancati i pubblici ministeri che negli ultimi anni hanno manifestato atteggiamenti di clemenza nei confronti di reati più gravi. Infatti l’Associazione dei procuratori greci ha scatenato un duro attacco contro il ministro Roupakiotis che ha parlato di “giudici attivisti”, sostenendo che tali espressioni infelici inducono in errore il pubblico e minano la fiducia per la giustizia, in quanto suggeriscono che le decisioni giudiziarie sono spesso il prodotto di un’arbitrarietà fuori dalla legge.
di Francesco De Palo
Il Fatto Quotidiano 28.04.2013