IN 36 NON DECIDONO ANCORA TRA REGIONE E PARLAMENTO SONO 177 QUELLI CHE SOMMANO POTERE E A VOLTE STIPENDI.
La misura del potere è un rumore. Quello che si leva a Montecitorio, ben distribuito tra destra e sinistra, quando la deputata Maria Marzana (M5S) denuncia: “I doppi incarichi e i doppi stipendi sono eticamente inaccettabili”. Non solo. Vanno contro la Costituzione, articolo 122, che vieta di sedere nei consigli regionali e in Parlamento. E vanno contro un decreto legge – convertito nel settembre del 2011 – che stabilisce che non si possono ricoprire due cariche elettive, e dunque non va bene nemmeno la fascia tricolore da sindaco né la livrea da presidente provinciale. Ci sono state proteste bipartisan per contestare la correttezza delle sue parole ma resta il problema per 177 parlamentari, che non si decidono – e quindi eleggeranno il nuovo Capo dello Stato – anche perché la giunta per le elezioni, in assenza di un governo, non si può nominare. In realtà, rischiando una mossa spericolata, il Senato ha prorogato la propria Giunta provvisoria. Ma c’è chi al doppio incarico ha già rinunciato, dimostrando che l’assenza della giunta non è di per sé un ostacolo. É obbligatorio rinunciare all’indennità in regione ma non ai gettoni per le Commissioni, né per le province né per i comuni. Soltanto ieri il governatore Roberto Cota ha deciso di restare in Piemonte e mollare Roma, mentre Nichi Vendola ancora non ha sciolto la riserva. La Puglia potrebbe riunire il consiglio regionale nella capitale, tanto sono in undici, e trasversalmente rappresentati, a covare il dubbio: meglio una legislatura cominciata da qualche settimana e un po’ precaria o il rifugio sul territorio che già ha consumato qualche anno? OLTRE al governatore, ci sono Rocco Palese, Massimo Cassano, Pietro Iurlaro, Roberto Marti, Gianfranco Chiarelli e Lucio Tarquinio (tutti Pdl); Antonio Decaro e Michele Pelillo (Pd); Dario Stefano e Antonio Matarrelli (Sel). Anche la Campania potrebbe trasferirsi a Roma: c’è il vicepresidente Giuseppe De Mita, nipote di Ciriaco, Udc; c’è il capogruppo Umberto Del Basso De Caro (Pd); c’è l’assessore all’Urbanistica, Marcello Tagliatella (Pdl) e due consiglieri, sempre berlusconiani, Eva Longo e Domenico De Siano. Quest’ultimo merita una citazione particolare in quel gruppetto di sette che, in una settimana, riesce a presenziare quattro aule di quattro organismi istituzionali o amministrativi. De Siano è stato spedito al Senato, ma è anche consigliere regionale , provinciale e comunale a Lacco Ameno, Isola di Ischia. Si sdoppiano anche in Calabria, Sicilia, Marche, Abruzzo, Toscana, Veneto, Emilia-Romagna.
In 36 non rispettano la Costituzione e approfittano dell’incertezza parlamentare: è vero che un lodo di Roberto Calderoli ha riattivato la Giunta di Palazzo Madama, ma non quella di Montecitorio e così non comincia la procedura che comunque è molto buffa. La Giunta individua il caso da risolvere, si prende trenta giorni per fare un’istruttoria e concede altrettanti giorni all’interessato per scegliere. Ma siccome la legislatura veleggia in acque agitate, per adesso, in tanti preferiscono non scegliere. Perché il pericolo è in agguato: se uno indica Roma e poi si va a rivotare, che succede?
di Caterina Perniconi e Carlo Tecce
Il Fatto Quotidiano 10.04.13