Ruba il microfono alla hostess: “Atterreremo in orario, vedete che Alitalia funziona”
Per chi ne ha seguito la fulminante carriera, già era incredibile che capi di Stato e di governo si sobbarcassero il viaggio per vederlo o lo invitassero a casa loro, con le sue statue imballate, i Rolex sgraffignati ai sauditi e le “eccellenze d’Italia” al seguito come nelle corti del ‘700. Ma mai quanto vederlo girare adesso nei cieli d’Europa in cerca di approdo come Erdogan la notte del golpe. Renzi ieri è volato a Bruxelles per “chiudere la campagna delle primarie”, fondamentale evento che scuote l’Europa più della Brexit, e non per recarsi in qualche sede istituzionale, ma in un 4 stelle vicino al Parlamento europeo; non sull’Airbus A340 dei giorni napoleonici (41mila euro al giorno, 15 milioni l’anno), ma con un charter Alitalia, verosimilmente privo di wi-fi, docce e salottino; e non con discrezione, ma allestendo una gagfantozziana a beneficio di cento volontari, fra cui minori, reclutati alla bisogna. I quali hanno visto il giovanile ex leader rubare il microfono alla hostess e fare la voce da comandante: “Vi sarà servito uno snack, arriveremo a Bruxelles alla 10:20 in perfetto orario, perché Alitalia funziona, alla faccia di quelli che ne parlano male”. In effetti Alitalia perde solo due milioni di euro al giorno, 80 mila l’ora, 2666 nei due minuti dello show. Insomma è un affare come Monte dei Paschi di Siena.
Renzi, che di certo si sarà pagato il viaggio coi suoi risparmi, voleva imitare il Papa, che fa spesso conferenze stampa in volo; ma non ieri (che iella), che volando al Cairo nelle stesse ore è rimasto in un silenzio grave che ha consegnato per contrasto l’iniziativa di Renzi al genere cinepanettone. “Il programma prevede, ha continuato lo scoppiettante Ceccherini della politica, “che a Bruxelles il sottoscritto si rivolgerà ai giornalisti stranieri. Chiederemo l’elezione diretta del presidente della Commissione, il veto al Fiscal Compact, il piano Juncker per le periferie”. Ora, non andate a riferirglielo, ma Renzi dal 4 dicembre non conta più niente nemmeno a Rignano sull’Arno, dove il sindaco è in rotta col babbo, figuriamoci ce può dettare condizioni in Europa.
Ha poi promesso a “quelli che hanno fatto forca a scuola” la “giustificazione firmata da Martina”. Martina, che non è una valletta ma un ministro della Repubblica, non ha partecipato allo sketch (quello dell’aereo, mentre resta in “ticket” per quello delle primarie). Se la gag aerea da rag. Filini vi pare inarrivabile, non avete visto la performance da Bruxelles, città già provata dal terrorismo. Nella sala congressi del Renaissance, il pronosticato vincitore vestito da motivatore Tecnocasa ha intrattenuto il pubblico coi cavalli di battaglia: la repulsione per “quelli che sanno dire solo no”; l’amore per le periferie, dove inspiegabilmente perde da tre anni; e un “ci mettiamo la faccia” vintage, l’equivalente di Champagne per Peppino Di Capri.
In piedi, la camminata da mental coach del Folletto Vorwerk, Renzi ha presentato l’ultimo modello: “Un’Europa che torni a sorridere”. Per la parte Macron-Kennedy abbiamo: “Non credete a chi dice ce lo chiede l’Europa. Proviamo a dire l’Italia chiede questo all’Europa”. Per il format “marciamo non marcire”, in inedito “Più che i voti ci interessano i volti”.
Cha altro? Ah, sì: una dura condanna delle fake news, pronunciata da quello che si è ritirato dalla politica perché ha perso un referendum per vincere il quale sventolava in Tv una finta scheda elettorale.
Daniela Ranieri
Il Fatto Quotidiano 29.04.2017