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La posizione del dimissionario e la sinistra strategia del piddì

segreteria pdNON MI DIMETTO, anzi mi dimetto. O meglio: dimettiti tu che mi dimetto anch’io. Dopo l’adieu di Lupi alle Infrastrutture, scoppia il caso dei sottosegretari indagati del Pd: la posizione del dimissionario è imbarazzante, assai più di quella del missionario. Pare che Renzi ci pensi ora, a esonerare i suoi: chissà come mai si è accorto adesso del problema? Gli indagati dal canto loro sono naturalmente tutti tranquilli, a cominciare da Francesca Barracciu, accusata di peculato per 80 mila euro di rimborsi nell’inchiesta sulle spese pazze dei consigli regionali. Al Corriere della Sera dice di essere convinta di non dover fare alcun passo indietro “avendolo già fatto da candidata presidente della Sardegna, dopo aver stravinto le primarie”. E poi: “La condizione è completamente diversa, i fatti risalgono a otto anni fa”. Il “senso” – non essendoci ovviamente alcuna logica – sarebbe: mi sono già immolata per la causa rinunciando alle elezioni in Sardegna, quindi un sacrificio basta, avanza e lava tutto. E comunque è roba vecchia che non de luca festainteressa più a nessuno. A proposito di cose sensate e ragionevoli, in settimana i pimpanti nuovi eroi democrat hanno elaborato una brillante strategia per difendere la scelta di candidare l’incandidabile De Luca alle primarie campane. A Piazza pulita Simona Bonafè ha spiegato che “lo hanno scelto i cittadini e in 170 mila lo hanno votato. De Luca può non piacere, ma il Pd ha deciso di far selezionare la classe dirigente agli elettori”. Aggiungendo, non senza una certa soddisfazione, a proposito delle primarie che si erano svolte “senza brogli, senza brogli”. E bene ha fatto a sottolineare con enfasi la cosa, visto che non succede con molta frequenza.
orfiniLA TESI “cazzi degli elettori” è stata ribadita anche dal presidente Pd Matteo Orfini in persona, ieri a Torino. Orfini ci tiene molto a rivendicare il primato di essere “sempre stato garantista anche quando il garantismo non andava di moda” (e quando mai sarebbe successo?). Sui sottosegretari inguaiati informa che “Bisogna valutare caso per caso, non si possono ridurre le scelte politiche ad automatismi del genere”. E, attenzione attenzione, sul caso del candidato governatore della Campania Vincenzo sceriffo De Luca spiega: “La condizione in cui si trova De Luca era nota a tutti i cittadini campani che lo hanno votato”. Una volta ci lamentavamo
del fatto che l’etica pubblica si fosse ridotta al diritto penale, della scomparsa della responsabilità politica, disciplinare o amministrativa. Si diceva: tutto va a finire nel processo penale, se qualcosa non è vietato dalla legge allora va bene. Dunque la classe dirigente veniva selezionata in base a quest’unico discrimine, anche se la verifica penale ha come finalità una sanzione e non la selezione politica: non è un rimedio a nulla. E il giudice non è un’autorità morale, è solo uno che fa rispettare la legge. La politica, si è a lungo ripetuto, è incapace di dotarsi di un codice di regolamento autonomo dalla norma penale: ora non è nemmeno più questo il limite. Vale l’unto dal Signore o meglio dall’elettore. Se il cittadino si è distratto sono fatti suoi, il partito alza le mani. Dunque non ci stupiremo quando qualcuno – uno qualunque della nuova stirpe sinistra – dirà: “È vero la legge è uguale per tutti, ma per me è più uguale che per gli altri perché mi ha votato la maggioranza degli italiani”. (Silvio Berlusconi, 17 giugno 2003 durante le dichiarazioni spontanee al processo Sme).

di Silvia Truzzi
Il Fatto Quotidiano 22.03.2015

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