Quando c’è B. in circolazione bisogna essere pronti a metter la mano alla calcolatrice. Le sue ambizioni da padre della Patria, raccontate da esegeti commossi e dipendenti impauriti, si misurano in euro. La riconquista di un ruolo centrale nel quadro politico gli avrà dato tanta soddisfazione, ma soprattutto lo ha arricchito di 500 milioni in pochi giorni.
Piazza Affari, Marina e il segno “più”
Mentre Matteo Renzi fa finta di essere quello che ha capito tutto e gli presenta le sue idee meravigliose, B. fa di sì, guarda paziente Denis Verdini che ammicca come a dire “guarda che cosino t’ho trovato a Firenze”, e poi chiama la figlia Marina e le dice di segnare i guadagni della giornata. La Borsa, che ha più intelligenza politica di tutto il Parlamento, assiste alla scena e piazza i suoi colpi.
Martedì l’incontro tra Renzi e B. per definire gli accordi su legge elettorale ed elezione del presidente della Repubblica è stato salutato in Borsa da una consistente crescita di Mediaset e Mediolanum. Mercoledì, dopo una mattinata in discesa, probabilmente attribuibile alle cosiddette prese di beneficio sui guadagni del giorno prima, ma anche alla turbolenza del Senato sulla riforma elettorale, alle 15:20, di colpo, Mediaset e Mediolanum, all’unisono, sono tornate a volare. È il momento in cui arriva sui mercati la notizia più attesa, l’approvazione dell’emendamento-canguro del senatore renziano Stefano Esposito con i voti decisivi di Forza Italia. È il momento in cui gli operatori di Borsa capiscono che B. è stato rimesso saldamente in sella dal giovane fiorentino. Da quando è iniziata la sceneggiata quirinalizia, la saldezza del patto del Nazareno è stata misurata dai mercati finanziari, che hanno scommesso sull’intesa profonda e duratura tra Renzi e Berlusconi comprando i titoli del Cavaliere. Mediaset, di cui la Fininvest controlla il 40 per cento, e Mediolanum, che è di B. al 30 per cento, dai primi di gennaio a ieri pomeriggio sono cresciute in Borsa rispettivamente del 20 e del 14 per cento, pari a un miliardo e 300 milioni in tutto.
Il guadagno di B. e dei suoi figli, considerata la consistenza dei suoi pacchetti azionari, non è inferiore a 500 milioni,ed è stato realizzato in un paio di settimane. A questo ritmo, B. avrebbe ogni convenienza a rendere perenne il potere di Renzi anche standosene all’opposizione, se in cambio ottiene guadagni per 2-300 milioni alla settimana.
Dalle parti di Arcore e di palazzo Grazioli amici e parenti di B. gongolano. Dicono che finalmente è passata ed è stata premiata la linea della saggia Marina, figlia primogenita e presidente di Fininvest e Mondadori. Basta con i falchi, basta con l’opposizione fuoco e fiamme dei Brunetta e delle Santanchè, gente convinta che Forza Italia sia ancora un partito politico di centrodestra e non una protesi lobbistica a protezione del malloppo del capo. Con Renzi si dialoga, si fa l’opposizione per finta, ci si mette d’accordo.
Bankitalia, l’onorabilità e i diritti televisivi
Ma adesso si arriva al sodo. Prima partita: Mediolanum. Il colosso per la raccolta e gestione del risparmio fondato dall’amico Ennio Doris è rimasta la principale fabbrica di soldi del gruppo, visto che Mediaset annaspa nella crisi epocale della tv. Ma la Banca d’Italia ha già intimato a B. di scendere sotto il 10 per cento del capitale perché quella è la soglia imposta a chi è privo di onorabilità, che B. ha perso in seguito alla condanna per frode fiscale. Il decreto salva-Silvio non è dunque utile solo al recupero della sua agibilità politica, oggetto indefinito e abbastanza inutile visto che il nostro riesce anche senza a determinare le sorti del Paese e a scegliere il presidente della Repubblica; ma anche e forse soprattutto a disobbedire alla Banca d’Italia e a tenersi le azioni Mediolanum.
Seconda partita: Mediaset Premium. La pay-tv del Biscione se la passa male e ha disperatamente bisogno di denaro, anche perché incombe la scadenza dei 700 milioni da pagare per i diritti tv della Champions League, e intanto Sky sta sbarcando in forze sul digitale terrestre.
Pier Silvio Berlusconi sta cercando di vendere un pacchetto di azioni a carissimo prezzo a Telecom Italia, che recalcitra ma è impegnata in una partita decisiva sul futuro suo e della sua rete: molto dipende dai soldi pubblici che Renzi vorrà metterci e dalle regole che vorrà dare per la nuova rete a larghissima banda. Sedendosi al tavolo dove si danno le carte per il Quirinale e non solo, Berlusconi può dunque contare su un ascolto quantomeno attento delle ragioni di Pier Silvio da parte del numero uno di Telecom Italia Marco Patuano.
Il conflitto di interessi e la nuova maggioranza
E così gli interessi di B., misurati in euro, entrano nel grande dibattito sulla legge elettorale e sulla corsa al Quirinale. Tra i pochissimi a sollevare la questione, il senatore Pd Massimo Mucchetti, che al Senato ha denunciato come i conflitti d’interessi di B. siano tornati al centro della vicenda politica: “Come ha detto giustamente il senatore Tremonti per primo ieri e come tanti hanno ribadito poi, c’è una nuova maggioranza e questa nuova maggioranza è oggi emersa plasticamente”. Ma guarda che peccato. Proprio adesso che con Renzi il Pd ha finalmente battuto B. grazie all’idea geniale di non farsene ossessionare.
Giorgio Meletti
Il Fatto Quotidiano 23.01.2015